La ILO (International Labour Organization) ha recentemente diffuso uno studio sull’impatto dei cambiamenti delle condizioni climatiche sulla salute dei lavoratori, i quali si trovano a fronteggiare condizioni di lavoro spesso proibitive a causa delle temperature spesso oltre i 30 °C.

"Lavorare in un pianeta più caldo", ILO

Lo studio prevede che nel 2030 lo stress termico ridurrà il totale delle ore lavorative in tutto il mondo del 2,2% e il PIL globale di 2,400 mld di dollari.

LA TERMOREGOLAZIONE

È utile ricordare che l’organismo umano viene definito “omeotermo”, è in grado, cioè, di mantenere costante la propria temperatura centrale in un range ristretto di 37±1 °C nelle più diverse condizioni climatiche, attraverso continui scambi termici con l’ambiente circostante che avvengono per convezione, evaporazione, irraggiamento e, in misura minore, per conduzione tramite la superficie cutanea e per convezione ed evaporazione attraverso l’attività respiratoria. Nella maggior parte dei casi gli scambi termici tra l’ambiente  e le persone che operano al suo interno sono  condizionati da 4 parametri ambientali (temperatura, velocità e umidità relativa, temperatura media radiante) e 2 parametri legati al soggetto (metabolismo energetico e isolamento termico dell’abbigliamento).

I 4 parametri ambientali sono misurabili direttamente mediante una centralina microclimatica e consentono di caratterizzare l’ambiente termico in esame; i 2 parametri “soggettivi”, al contrario, non sono misurabili direttamente, pertanto le valutazioni del metabolismo energetico e dell’isolamento termico vengono effettuate mediante l’utilizzo di specifiche norme tecniche. Noti i 6 parametri citati, si è in grado di svolgere le procedure analitiche che conducono al calcolo degli indici che hanno alla base, nella maggior parte dei casi, l’equazione di bilancio termico.

Il mantenimento dell’equilibrio termico è assicurato da un complesso sistema di termoregolazione in cui l’ipotalamo, nella sua regione anteriore e nell’area preottica, svolge la funzione di un vero e proprio termostato. A queste aree giungono informazioni provenienti dai termocettori profondi centrali che rendono conto delle variazioni della temperatura centrale dell’organismo e dai termocettori periferici sensibili al caldo (corpuscoli di Ruffini) e al freddo (corpuscoli di Krause), diffusi su tutta la superficie corporea.

Il centro di termoregolazione ipotalamico integra tali informazioni e con un meccanismo di controllo nervoso a feed-back attiva gli effettori periferici modulando la risposta in relazione alla necessità di dissipare il calore o di incrementarne la produzione.

Nel caso di esposizione ad ambienti severi caldi, con tendenza all’incremento della temperatura centrale e conseguente necessità di disperdere calore verso l’esterno, il primo meccanismo ad essere attivato è la vasodilatazione periferica. Il sangue ha elevata capacità termica specifica e conducibilità termica, pertanto il suo passaggio nel sistema venoso dei distretti periferici e il conseguente riscaldamento della superficie cutanea consentono la dispersione del calore accumulato centralmente verso gli strati d’aria immediatamente contigui alla superficie, nel caso in cui l’aria circostante si trovi ad una temperatura inferiore rispetto alla pelle, innanzitutto con meccanismo convettivo.  La cessione di calore continua man mano che l’aria riscaldata viene sostituita da strati d’aria più fresca. Al meccanismo di dissipazione del calore contribuisce in misura importante l’irraggiamento, molto meno la conduzione a causa della ridotta superficie di contatto, soprattutto per soggetti in piedi, e l’evaporazione dall’epidermide mediante gli scambi respiratori.

Successivamente, nonché in caso di temperatura dell’aria superiore a quella della superficie del corpo, che porterebbe ad un trasferimento di calore in senso inverso, il meccanismo prevalente e decisamente più efficace di raffreddamento del corpo è rappresentato dalla evaporazione del sudore. L’aumento della velocità dell’aria rende più efficiente il meccanismo di termodispersione per convezione e per evaporazione. Poiché la velocità di evaporazione è dipendente dalla tensione di vapore d’acqua, è esplicito che quanto più l’aria ambiente è satura di umidità tanto minore è l’evaporazione.

Va detto che tale meccanismo è reso più efficiente, in termini di velocità di produzione e di efficacia del processo evaporativo del sudore, dall’acclimatamento del soggetto rispetto al soggetto non acclimatato. Anche la deplezione di sali per esposizioni prolungate ad ambienti severi caldi risulta ridotta nel soggetto acclimatato e sono inferiori le ripercussioni sull’apparato cardiovascolare nel complesso.

Le risposte effettrici che l’ipotalamo mette in atto nel caso di esposizione ad ambienti che si configurano come severi freddi sono esattamente opposte a quelle finora descritte, essendo finalizzate ad impedire la dispersione di calore all’esterno e ad assicurare il mantenimento della temperatura centrale nei limiti fisiologici. La vasocostrizione periferica è il primo meccanismo ad innescarsi in tal senso, a seguire viene prodotto calore mediante il meccanismo della termogenesi con brivido per attivazione dei muscoli scheletrici.

In entrambe le condizioni, quando i meccanismi fisiologici non sono più sufficienti a contrastare il prolungato stress termico, l’organismo mette in atto dei meccanismi “comportamentali”: riduzione del movimento fino al blocco di ogni attività muscolare volontaria con lo scopo di evitare la produzione di calore endogeno negli ambienti severi caldi; attivazione volontaria delle masse muscolari per incrementare la produzione di calore in caso di esposizione ad ambienti severi freddi.

I SOGGETTI SENSIBILI

Occorre tuttavia privilegiare l’attenzione sui lavoratori sensibili, quali donne in gravidanza, giovani lavoratori, lavoratori con malattie croniche (diabete, ipertensione, insufficienza renale, disturbi psichici, assuntori di farmaci, ecc )

LE PATOLOGIE DAL CALDO SEVERO

Un’attività lavorativa ad elevato impegno fisico effettuata in ambienti severi caldi impone richieste conflittuali al sistema cardiovascolare: da una parte la vasodilatazione periferica aumenta il flusso di sangue verso la superficie corporea nel tentativo di dissipare il calore che tende ad incrementare la temperatura centrale; dall’altra, il lavoro muscolare intenso richiede a sua volta un incremento del flusso sanguigno verso i distretti muscolari interessati dallo sforzo. Poiché la gittata cardiaca non può comunque eccedere il flusso garantito dal ritorno venoso, la capacità cardiaca costituisce un fattore limitante per il lavoro intenso svolto in ambienti severi caldi e il sistema cardiovascolare può trovarsi in una condizione di sovraccarico tale da non poter soddisfare adeguatamente entrambe le esigenze.

Una patologia tipicamente correlata al lavoro in ambienti caldi è la sincope da calore, dovuta a un’eccessiva vasodilatazione che dà luogo a stasi venosa periferica, ipotensione e insufficiente flusso sanguigno cerebrale, manifestandosi con una perdita di coscienza preceduta da pallore, stordimento e vertigini. Nei soggetti che svolgono attività lavorativa in ambienti severi caldi, in particolare se non acclimatati, si accompagna spesso ad una ipertermia che può raggiungere i 39 °C, ma non comporta né abolizione della sudorazione né agitazione motoria.

Una condizione più grave di quella descritta è rappresentata dall’esaurimento della termoregolazione, che può manifestarsi tramite due forme cliniche in cui l’elemento comune è costituito dall’innalzamento della temperatura centrale al di sopra dei 40.5 °C e dall’arresto della sudorazione, dovuti al blocco dei meccanismi centrali della termoregolazione, mentre si distinguono essenzialmente per la diversa intensità dei sintomi nervosi: agitazione o delirio nel caso di iperpiressia, con cute secca e ardente, prostrazione, grave ipotonia muscolare, polipnea, tachicardia, incoordinazione motoria; convulsioni epilettiformi o coma nel colpo di calore, che costituisce un aggravamento della forma precedente e può essere letale se non trattato rapidamente.

I crampi da calore costituiscono una condizione patologica caratterizzata da spasmi muscolari dolorosi della durata di 1-3 minuti a carico di polpaccio, addome, colonna vertebrale, causati dallo svolgimento di attività muscolari intense in ambiente caldo-umido. Sono preceduti in genere da astenia ingravescente, cute umida, calda e arrossata, ipotensione, e possono essere prevenuti da un’adeguata assunzione di acqua e dalla somministrazione di soluzioni isotoniche di cloruro di sodio.

L’inadeguato ripristino delle perdite d’acqua conseguenti alla sudorazione può portare nel giro di qualche ora al deficit idrico. I disturbi da disidratazione cominciano a manifestarsi quando le perdite raggiungono il 5% del volume d’acqua totale con sintomi e segni clinici rappresentati da: sete marcata, polso rapido, sudorazione ridotta o abolita, densità urinaria elevata, sodio plasmatico aumentato. Il deficit sodico è dovuto ad inadeguato ripristino del sodio perso con il sudore e si instaura generalmente dopo almeno 3-5 giorni di esposizione, con i seguenti sintomi e segni: intensa sensazione di fatica, polso lento, sete discreta, frequenti vertigini, crampi e vomito, emoconcentrazione precoce e pronunciata, marcata diminuzione di sodio e cloro urinari, riduzione del sodio plasmatico.

Tra le manifestazioni da esposizione ad ambienti severi caldi rientrano patologie a carico della pelle e delle ghiandole sudoripare quali le ustioni, sia per contatto con un solido o un liquido caldi, sia per irradiazione; un disturbo più lieve è rappresentato dall’eritema da calore, che consiste in un’eruzione papulo-vescicolosa con eritema e prurito, conseguente ad eccessiva e prolungata presenza di sudore sulla pelle. Tale manifestazione può essere seguita da anidrosi, cioè arresto della secrezione di sudore, dovuta all’ostruzione dei canali escretori delle ghiandole sudoripare da parte di tappi di cheratina.

I LAVORATORI INTERESSATI DAL CAMBIAMENTO

Lo Stress termico interessa maggiormente lavoratori “outdoor”, come edili, agricoli, manutenzioni, forze dell’ordine, pompieri.

FONTE

Lavorare in un pianeta più caldo. L’impatto dello stress termico sulla produttività del lavoro e il lavoro dignitoso – Sintesi del rapporto

Articolo scritto per HSE-Ticino da Olindo Ianniello, CIH, Igienista del lavoro SGAH