1. Polveri e gas: due fattori di pericolo a cui prestare molta attenzione nei luoghi di lavoro. Quali sono le differenze?
L’uso dei DPI delle vie respiratorie per ridurre l’esposizione ai contaminanti è molto diffuso nell’industria in generale. Si stima che oltre un miliardo di lavoratori in tutto il mondo indossino regolarmente tali DPI. Dobbiamo tuttavia ricordare che nella gerarchia della sicurezza (per il tramite del metodo S (sostituzione) T (tecnica) O (organizzazione) P (personale) i DPI rappresentano l’ultimo passaggio. Prima di fornire i DPI ai lavoratori, il datore di lavoro avrebbe dovuto ricorrere alle misure della sostituzione, alla tecnica e alla organizzazione per eliminare e ridurre l’impatto e l’esposizione ad un determinato pericolo. Infine, la misura P (personale), tra cui la fornitura del DPI, è l’ultimo step.
Tradizionalmente la classificazione delle polveri è basata sullo standard EN 481 che suddivide la polvere in tre gruppi in generale in base al diametro aerodinamico:
- inalabili: fino a 100 micron
- toraciche: fino a 10 micron
- respirabili: fino a 4 micron
Le dimensioni delle polveri sono estremamente variabili e la loro capacità di dar luogo a materiale particellare aerodisperso è funzione delle dimensioni, della forma e della diversità del materiale dal quale provengono. Le dimensioni delle particelle determinano il grado di penetrazione del materiale particella nell’apparato respiratorio. Alcuni contaminanti (come le fibre di amianto o la polvere di quarzo oppure le fibre artificiali vetrose) hanno un diametro aerodinamico riconducibile alle polveri respirabili e, una volta nel polmone, esplicano qui le proprie caratteristiche tossicologiche con malattie tristemente note come la silicosi, il mesotelioma pleurico o il carcinoma polmonare.
Questa classificazione è fondamentale per chi poi deve scegliere quale tipo di maschera o filtro far acquistare alla propria azienda e poi fornire ai lavoratori.
Tuttavia, oltre alle polveri e ai gas, ci sono gli altri stati chimico/fisici degli inquinanti: i vapori, il fumo, il nebbie.
Per i gas abbiamo un altro scenario: essi sono fluidi senza forma che occupano lo spazio o l’involucro e che possono essere trasformati allo stato liquido o solido solo per l’effetto combinato di aumento della pressione e diminuzione della temperatura. Esempi sono gas di saldatura (come acetilene, azoto, elio e argon) e monossido di carbonio generato dal funzionamento dei motori a combustione interna. Un altro esempio è l’idrogeno solforato, che si forma ovunque vi sia decomposizione di materiali contenenti zolfo in condizioni riducenti.
Una cosa importantissima: la protezione per le polveri NON sono indicate per i gas. Ciascun gas necessita di un proprio filtro.
In tal senso i filtri per i gas e per le mascherine sono come le cravatte: una per ogni occasione, un filtro specifico per ciascun gas.
2. Cosa si intende per maschere attive (indipendenti) e maschere passive (dipendenti)?
La norma EN 133 suddivide gli apparecchi di protezione delle vie respiratorie in respiratori a filtro (dipendenti dall’atmosfera ambiente) e respiratori isolanti (indipendenti dall’atmosfera ambiente).
Lo scopo di un DPI delle vie respiratorie è quello di prevenire l’inalazione di sostanze nocive nell’aria e/o una atmosfera carente di ossigeno.
Le protezioni passive sono quelle che vanno a coprire naso e bocca (o anche tutto il viso) e non sono collegate a una pompa che immette l’aria all’interno della protezione. A lavorare sono i polmoni del lavoratore.
La protezione attiva ha un collegamento con un motore (spesso posto nella parte dorso-lombare del lavoratore) che immette nella maschera aria filtrata. La purezza dell’aria dipende dalla tipologia di filtro e dal suo grado di usura.
Alcune di queste maschere rientrano in quelle di cosiddette 3° Categoria, ovvero dispositivi salvavita (basti pensare agli ambienti confinati).
3. Quando è necessario usare la protezione delle vie respiratorie con le mascherine?
La fornitura dei DPI delle vie respiratorie è necessaria solo quando i controlli ingegneristici e organizzativi non sono in grado di eliminare la presenza di un contaminante in un ambiente di lavoro.
4. Quali sono le basi legali relative alla protezione delle vie respiratorie?
Nella OPI l’art 5 prevede la fornitura dei dispositivi di protezione al lavoratore se non è possibile escludere del tutto o parzialmente i rischi di infortunio o danni alla salute mediante provvedimenti tecnici o organizzativi. Si veda altresì l’art 44 OPI in base al quale la protezione individuale è sempre solo una misura di sostegno alla protezione collettiva e non la sostituisce affatto.
Esiste anche l’obbligo preciso per i lavoratori (OPI art 11 comma 1) di utilizzo dei DPI durante il lavoro e di non comprometterne l’efficacia.
Un altro riferimento di legge è rappresentato dalla OLCostr art 22 comma 3, dove si affronta la questione della qualità dell’aria nei cantieri di lavoro, precisando che se la qualità dell’aria non può essere assicurata per mezzo delle misure tecniche e organizzative, si devono utilizzare apparecchi di protezione delle vie respiratorie. Al comma 4 si precisa inoltre che tali lavoratori devono essere idonei e debitamente istruiti all’utilizzo di questi apparecchi di protezione delle vie respiratorie.
Nella Direttiva CFSL 6501 relativa agli Acidi e Liscive al punto 4.2 si prevede l’obbligo di utilizzo dei DPI delle vie respiratorie da parte degli utilizzatori degli acidi e liscive.
L’art 38 OPI prevede il divieto di riporre insieme abiti di lavoro e DPI delle vie respiratorie ad altri capi di vestiario.
Non da ultimo anche l’Ordinanza sui prodotti chimici (OPChim) prevede l’obbligo per il produttore di una sostanza o preparati pericolosi di inserire nella scheda di sicurezza la tipologia di DPI raccomandato durante l’uso dello stesso prodotto o preparato.
5. Quali e quanti filtri ci sono?
I filtri si suddividono per tipologia e per colore come viene riportato di seguito:
La capacità di filtrazione è espressa da un numero (dall’1 al 3) che segue in genere una lettera. Classe 1 scarsa, classe 2 media, classe 3 alta.
6. Quando è necessario cambiare un filtro?
In genere, nella confezione trovate la scheda tecnica del DPI, scheda che contiene le raccomandazioni sul corretto utilizzo e manutenzione e anche la durata massima del filtro.
È opportuno pertanto inserire nel programma di formazione e informazione dei lavoratori (artt 6-8 OPI) anche una parte inerente il corretto uso e manutenzione dei DPI (tra cui quelli per la protezione delle vie respiratorie).
In generale possiamo dire che i filtri antipolvere (bianchi) riutilizzabili devono essere sostituiti al più tardi quando si avverte un aumento sensibile della resistenza respiratoria.
Le maschere riutilizzabili con filtro antigas devono essere sostituite immediatamente quando l’utilizzatore avverte l’odore o il sapore delle sostanze nocive o si accorge di avere delle irritazioni nella zona coperta dalla maschera.
La durata d’uso dei filtri antigas e dei filtri combinati è limitata e i filtri vanno sostituiti al più tardi dopo 6 mesi.
I filtri antigas non devono essere utilizzati per proteggersi da sostanze non riconoscibili all’olfatto, perché in questi casi non si è in grado di determinare il grado di saturazione del filtro. Pericolo di morte!
L’umidità può pregiudicare l’efficienza filtrante, soprattutto nei filtri antigas di tipo A. Di solito i filtri antipolvere bagnati perdono la loro efficacia protettiva.
7. Cosa succede se non si indossa la mascherina durante il lavoro?
L’obbligo sussiste sia in capo al datore di lavoro (che deve provvedere a fornire e a istruire il lavoratore sul corretto utilizzo e manutenzione) sia in capo al lavoratore (che deve sempre indossare il DPI fornito).
La responsabilità (vedasi art 328 Codice obbligazioni, art 6 Legge sul lavoro, e art. 82 LAINF) è sempre in capo al datore di lavoro.
Il lavoratore, se non indossa i DPI forniti, viola l’art 11 OPI, nonché gli obblighi derivanti dal contratto di lavoro di diligenza durante il lavoro (art 321a Codice Obbligazioni).
8. Quali sono gli errori più frequenti in merito alla protezione delle vie respiratorie?
La manutenzione e la conservazione è in genere un grosso problema. Le maschere e i filtri devono essere conservati in un luogo pulito e asciutto. Le maschere monouso (pieghevoli) devono essere imballate singolarmente in modo da rimanere pulite fino al momento del loro utilizzo.
Un errore molto comune, che deriva dalla mancanza di formazione, è l’uso delle maschere per le polveri (quelle bianche per intenderci) per proteggersi dai gas.
9. È sempre necessario seguire un addestramento per l’uso delle maschere?
Se pensiamo ad esempio ad un ambiente confinato (un silos o un qualsiasi ambiente dove la percentuale di ossigeno è <21%) occorre essere consapevoli che siamo di fronte a un pericolo particolare (vedi allegato I Direttiva 6508) e in tal caso si applicano gli artt. 6-8 OPI. Il datore di lavoro può affidare lavori implicanti pericoli particolari solo a lavoratori adeguatamente formati a tal riguardo.
In merito a questo, si veda anche: SUVA 66109.i “Formazione e addestramento in azienda”, SUVA 66019.it “Formazione dei nuovi collaboratori”, SUVA 66123.i “Lavorare in atmosfera sotto ossigenata”, SUVA 66113.i “Respiratori antipolvere. Informazioni utili sulla scelta e uso”.
10. Cosa s’intende per FIT-TEST?
Non tutti i lavoratori possono indossare i respiratori. Gli individui con funzionalità polmonare compromessa, ad esempio a causa di asma o enfisema, potrebbero non essere fisicamente in grado di indossare un respiratore. Le persone che non riescono a ottenere una buona vestibilità del facciale, comprese quelle persone la cui barba o basette interferiscono con la guarnizione del facciale, non saranno in grado di indossare respiratori aderenti. Affinché un respiratore sia efficace è necessaria una vestibilità adeguata. Oltre a questi problemi, i respiratori possono anche essere associati a problemi di comunicazione, problemi di vista, affaticamento e ridotta efficienza lavorativa.
Per scongiurare tutti i problemi elencati sopra si effettua una validazione del dispositivo di protezione sul lavoratore, chiamato FIT-TEST in due forme distinte: qualitativo e quantitativo.
Il FIT-TEST qualitativo si basa sulla percezione soggettiva, da parte del lavoratore, di una sostanza di prova (amara o dolce) o da un odore specifico. Se il lavoratore riferisce di percepire tali sostanze il test s’intende non superato.
Il FIT-TEST quantitativo è un test non soggettivo e misurabile. Esso prevede l’uso di uno strumento per misurare le perdite attorno al volto e produce un risultato numerico chiamato Fit-Factor del fattore di tenuta.
EVENTO DEL 06.06.2023
Si parlerà di DPI e FIT-TEST in occasione dell’evento HSE-Ticino, dal titolo “I Dispositivi di Protezione Individuale e la verifica dell’efficacia – FIT-TEST” che si terrà il 06.06.2023 presso Astra SA a Mezzovico-Vira dalle ore 16:00 alle 17:30. L’evento è gratuito ma l’iscrizione è obbligatoria ed è da farsi entro il 27.05.2023